Il distacco dall’impianto centralizzato dopo la definitiva entrata in vigore dei dd.ll.vi 102/2014 e 141/2016 Art. 1104 Codice civile
Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese
deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto. La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato la spesa. Il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati. Il suddetto articolo individua, in primis, due tipologie di spese in ambito condominiale: Le spese “necessarie” per la conservazione della cosa comune, ovvero le spese indispensabili a che la cosa comune non sia distrutta, deteriorata o non più in grado di fornire il servizio cui è preposta; le spese per il “godimento” della cosa comune, ovvero le spese connesse alla diretta ed ordinaria utilizzazione della cosa comune per il conseguimento delle finalità cui essa è destinata. A queste si aggiungono spese le deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni successive contenute nel codice civile che, in questa sede, non rilevano e, perciò, non vengono trattate. Articolo 1118 Codice civile Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene. Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni. Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali. Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
Nei primi due commi si parla del diritto del condomino sulle parti comuni e, quindi, della sua quota di comproprietà cui, peraltro, non può rinunciare (2° comma, norma inderogabile ex art. 1138 cc).
Nel terzo comma viene posto il divieto, per il condomino, di sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese di conservazione delle parti comuni. Detto comma, tuttavia, non è indicato fra quelli dichiarati inderogabili dall’art. 1138 cc anche se, trattandosi di spese di conservazione, trova applicazione il concorrente articolo 1104 cc in precedenza esaminato; inoltre, il divieto è limitato alle sole spese di conservazione delle parti comuni e non anche alle spese di godimento delle stesse, entrambe già individuate dall’art. 1104 cc, il cui contenuto è stato in precedenza esaminato.
Nell’ultimo comma, infine, è prevista la possibilità per il condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento se dal suo distacco non derivano “notevoli” squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini che rimangono allo stesso connessi. Trattasi, com’è facile dedurre, di un diritto soggettivo del condomino al distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, ancorché condizionato al verificarsi di due condizioni, da ritenersi concorrenti, quale presupposto per l’esercizio effettivo del diritto stesso.
In pratica non ci si trova di fronte ad una deroga concessiva contenuta in una norma che vieta il distacco bensì di fronte ad una norma che afferma il diritto soggettivo del condomino al distacco pur condizionandolo al verificarsi di determinate condizioni.
Da quanto sopra discende, immediatamente, che il condomino che intende distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, in presenza del verificarsi delle due condizioni previste dalla norma, non è tenuto a chiedere all’assemblea condominiale alcuna autorizzazione né la stessa può impedire l’esercizio del diritto di distacco che, tuttavia, deve avvenire con le modalità, procedure e nei termini previsti in altre disposizioni di legge che verranno successivamente trattate.
A questo punto appare opportuno analizzare, più in profondità, il contenuto delle condizioni previste dal codice civile per poter esercitare il diritto al distacco. Poi, a seguire, si esamineranno le modalità per farlo.
La prima condizione, come visto, è che dal distacco non discendano “notevoli” squilibri di funzionamento. La presenza dell’aggettivo “notevoli” consente di poter affermare che non è sufficiente che dal distacco discendano “squilibri di funzionamento” per far perdere il diritto al distacco ma questi squilibri, se ci sono, devono essere “notevoli” ovvero, usando sinonimi, devono essere rilevanti, ragguardevoli, considerevoli per essere negativamente determinanti.
E’ evidente la difficoltà interpretativa di detta previsione normativa che pone seri problemi applicativi al momento di dover individuare quando gli squilibri sono “notevoli” e quando non lo sono, stante sempre anche una certa soggettività nella valutazione di situazioni, non chiaramente definite e quantificate normativamente, da parte dei tecnici preposti a dichiarare l’assenza o meno di non meglio precisati “notevoli” squilibri.
A prescindere dalla rilevata difficoltà applicativa, tale disposizione aveva una sua evidente, logica e valida giustificazione al momento della sua emanazione, avvenuta con la legge di riforma del condominio n. 220/2012, – entrata definitivamente in vigore dal 2013 – quando la maggior parte degli impianti termici centralizzati condominiali non erano dotati di sistemi di termoregolazione (valvole termostatiche) e contabilizzazione del calore (ripartitori) ed i generatori di calore (caldaie), i bruciatori, le pompe e le valvole dell’impianto termico, erano progettati e dimensionati per fornire, in qualunque momento, la potenza termica massima eventualmente necessaria, con scarsa elasticità di funzionamento, stante la portata idrica praticamente costante che l’impianto avrebbe dovuto garantire in presenza di tutti i corpi scaldanti – radiatori -, tutti e sempre, contemporaneamente funzionanti e connessi all’impianto.
In tali condizioni di esercizio, il distacco di uno o più condomini, con la conseguente riduzione di portata idrica nei tubi comuni, avrebbe certamente comportato scompensi idrici e di pressione, oltre che scompensi termici, cioè squilibri di funzionamento, come dice la norma, non compensati e non compensabili né dalla pompa perché, in genere, all’epoca erano presenti pompe a regime di giri costante, né dai bruciatori che, all’epoca, non erano modulanti, con potenza termica adattabile alle continue variazioni di portata dell’impianto né erano presenti valvole compensatrici.
All’epoca, perciò, un distacco dall’impianto avrebbe benissimo potuto portare, in particolari situazioni, un notevole incremento della pressione nelle tubazioni ed altri squilibri di funzionamento all’impianto e, di ciò, ha correttamente tenuto conto la norma quando ha previsto, come condizione per il distacco, la necessità di dimostrare l’assenza di “notevoli” squilibri di funzionamento.
Con l’introduzione, – con d.l.vo 102/2014 – dell’obbligo di dotare tutti gli impianti termici condominiali di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore, con data ultima di adeguamento degli impianti nel 2017, oggi, nel 2019, tutti gli impianti di riscaldamento centralizzati condominiali sono stati necessariamente adeguati a poter/dover funzionare a regime variabile delle portate idriche in quanto, le valvole termostatiche installate su ciascun elemento scaldante, man
mano che la temperatura di ciascun ambiente aumenta verso il raggiungimento del valore programmato o di quello massimo di 20°C previsto dalla legge, riduce lentamente e progressivamente l’afflusso di acqua calda nei radiatori – cioè la portata idrica nelle tubazioni comuni – fino ad annullarla completamente al raggiungimento del valore di temperatura prefissata.
Tale situazione, fisicamente, corrisponde, in tutto e per tutto, ai fini degli squilibri di funzionamento – in particolare gli squilibri idrici – ad un effettivo distacco dall’impianto centralizzato da parte del condomino le cui termovalvole sono chiuse sia per il raggiunguimento, nell’abitazione, della temperatura di regime e sia allorché le termovalvole sono state chiuse dal condomino per assenza dall’abitazione o perché, pur essendo in casa, per risparmiare – pagando ora in proporzione ai consumi volontari – preferisce stare al freddo, tenendo le valvole chiuse, giacché nessuno può imporgli di tenerle aperte e godere del servizio di riscaldamento ora che le termovalvole sono state installate, per legge, proprio per gestire in proprio, quando e per il tempo desiderato, il servizio di riscaldamento come un impianto autonomo, a mezzo delle termovalvole.
Non solo! Con l’installazione delle termovalvole potrebbe accadere che in tutti o quasi gli appartamenti si trovino termovalvole chiuse, per raggiungimento in essi delle temperature di regime o per scelta dei vari condomini, con crollo della portata idrica richiesta dall’impianto, riduzione non confrontabile, per dimensione, alla ben più modesta riduzione di portata idrica che sarebbe conseguita al distacco di una o alcune unità dall’impianto centralizzato quando ancora non c’erano le termovalvole.
La variabilità estrema nel tempo e nella dimensione delle portate idriche dell’impianto centralizzato conseguente alla installazione, obbligatoria, per legge, delle termovalvole, ha imposto la contestuale necessità di adeguamento degli impianti a poter funzionare ai nuovi regimi di portate idriche variabili tramite interventi su alcuni o, in alcuni casi, su tutti i componenti dell’impianto – caldaie, bruciatori (a vari stadi e meglio se modulanti), pompe a regime di velocità variabile, valvole di by-pass differenziali, regolatori di pressione differenziali, ecc. con la conseguenza che oggi, agli effetti fisici, i potenziali squilibri di funzionamento conseguenti al distacco di un condomino dall’impianto, sono equivalenti a quelli del condomino connesso all’impianto che tenga le termovalvole tutte “chiuse”, perché abita in altro immobile e non vuole locarlo, o perché non vuole spendere molto per riscaldamento o per qualsiasi motivo che non deve giustificare con nessuno e tali squilibri devono già essere automaticamente bilanciati dalle componenti di impianto appositamente adeguate ai nuovi regimi variabili di portate idriche.
Ma, cosa più rilevante, è che se l’impianto condominiale deve essere stato necessariamente adeguato a rispondere alla continua variabilità delle portate idriche conseguente alla termoregolazione delle valvole ed anche alla eventuale completa chiusura delle valvole di uno o più appartamenti senza creare squilibri di funzionamento nell’impianto, nessuno squilibrio discenderà o dovrebbe discendere, se l’impianto è correttamente adeguato, se uno o più condomino si distaccherà dallo stesso essendo, tale distacco, ai fini degli squilibri di funzionamento equivalente, come visto, alla semplice totale chiusura delle valvole di un condomino ancora connesso ma che non intende usufruire del riscaldamento. E l’impianto deve essere comunque adeguato a tale evenienza e deve compensare tutti gli squilibri di funzionamento che potrebbero derivare, in ipotesi, anche con tutti i condomini connessi e tutti contemporaneamente, tranne uno, con termovalvole chiuse. L’impianto deve funzionare perché anche un solo condomino che intende usufruire del servizio non può esserne privato ma, contestualmente, l’impianto deve essere stato obbligatoriamente adeguato in modo da poter funzionare senza squilibri di funzionamento anche in questa condizione estrema di tutte le valvole chiuse tranne che in un appartamento e, se è così, come deve essere, non ci saranno certamente notevoli squilibri di funzionamento se anche uno o più condomini si distaccano dall’impianto: sono equiparabili a condomini ancora connessi all’impianto che tengono chiuse le valvole termostatiche, alla pari di qualcuno ancora connesso che, certamente, statisticamente, ci sarà.
Ciò detto, si può concludere ribadendo che la previsione normativa della dimostrazione dell’assenza di “notevoli” squilibri di funzionamento nell’impianto, giusta e corretta quando non c’erano valvole termostatiche, oggi ha perso la sua motivazione logica in quanto, come in precedenza dimostrato, con l’installazione obbligatoria delle termovalvole su tutti i radiatori di tutti i condomini connessi all’impianto centralizzato e con il necessario, obbligatorio e conseguente intervento sulle componenti d’impianto per adeguarle a funzionare al nuovo regime variabile delle portate idriche non possono né debbono esserci, per il normale e corretto funzionamento ordinario dell’impianto, squilibri di funzionamento e, conseguentemente, ancora di più, non possono esserci quei “notevoli” squilibri di funzionamento che la norma pose come condizione per l’esercizio del diritto al distacco: perché, se con un distacco ci fossero squilibri, ci sarebbero anche senza distacco allorché un condomino chiude le valvole termostatiche e ciò significherebbe che l’impianto è già sbilanciato di suo, a prescindere dal nuovo distacco, ed una disfunzione impiantistica come questa, imputabile oggettivamente al condominio, non può costituitìre condizione sufficiente ad impedire l’esercizio di un diritto soggettivo al distacco, come chiaramente definito dalla Corte di cassazione in varie recenti sentenze, diritto che non può essere neppure negato da un regolamento contrattuale che, ove contenente il divieto di distacco, sarebbe una previsione/divieto giuridicamente nulla.
Resta, perciò, da dimostrare, l’altra condizione prevista dalla legge ovvero l’assenza di aggravi di spesa per gli altri condomini che rimangono connessi all’impianto.
A tal fine appare utile ritornare alla classificazione delle spese condominiali individuate dalla norma per poter, poi, dimostrare se e quando possono verificarsi gli eventuali “aggravi”. Dette spese, come già visto, sono quelle individuate dagli articoli 1104 cc e 1118 cc in precedenza riportati.
Per il combinato disposto dei citati articoli 1104 e 1118 del codice civile che, si fa rilevare, trovando sede nel codice civile, costituiscono disposizioni di diritto privato, le spese in ambito condominiale e, fra queste, quelle specificamente associabili all’impianto di riscaldamento (come bene e come servizio), sono distinguibili tra:
- spese necessarie per la conservazione delle cose comuni (impianto termico)
- spese necessarie per il godimento delle cose comuni (servizio di riscaldamento)
- spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto termico;
- spese per la messa a norma dell’impianto termico.
A chiarimento si precisa che:
Le spese necessarie per la conservazione delle cose comuni sono quelle che mirano a che la cosa – comune – non si distrugga o deteriori;
le spese necessarie per il godimento delle cose comuni sono, invece, quelle rivolte all’ordinaria utilizzazione delle cose medesime.
le spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto termico sono quelle connesse ad interventi necessari per ripristinarne le condizioni di funzionamento ovvero opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti, anche strutturali, non più funzionanti;
le spese per la messa a norma dell’impianto sono le spese di adeguamento o mantenimento dell’impianto conforme alle leggi vigenti.
Ciò detto, si passa ad analizzare quali di dette spese possono aggravarsi in caso di distacco dall’impianto di riscaldamento di un condomino.
Le spese di conservazione dell’impianto, certamente, non si aggravano con il distacco, semmai si riducono, per minore sfruttamento dello stesso connesso alle minori utenze da servire e, comunque, essendo il condomino distaccato tenuto a contribuire a dette spese nella stessa misura proporzionale di prima del distacco, non si rilevano aggravi di spesa.
Per le spese di manutenzione straordinaria valgono le identiche considerazioni fatte per quelle di conservazione e, quindi, neppure per esse c’è alcun aggravio di spesa.
Le spese di messa a norma dell’impianto prescindono dal numero dei condomini connessi e siccome continuano ad essere ripartite fra tutti i condomini, distaccati e connessi, non ci sono aggravi di spesa.
Restano da verificare le spese per il godimento del servizio di riscaldamento che l’impianto fornisce ovvero se, con il distacco, esse aumentano in modo da non consentire l’esercizio del diritto di distacco.
Per facilitare l’effettuazione della verifica conviene suddividere dette spese nelle varie macro componenti che le costituiscono, analizzandole una per una.
Le spese di godimento del servizio di riscaldamento possono così suddivedersi in:
a) spesa per l’energia elettrica necessaria per la produzione e distribuzione del calore;
b) spesa per la quota di energia termica dispersa (spesa per le dispersioni termiche d’impianto);
c) spesa di conduzione dell’impianto (terzo responsabile);
d) spesa connessa al reale calore ceduto dai radiatori agli ambienti serviti
Per quanto attiene alla spesa per consumo di energia elettrica, riducendosi, con il distacco, la portata idrica dell’impianto che dovrà circolare nelle tubazioni diminuirà, corrispondentemente e certamente, l’impegno delle pompa di circolazione e degli altri componenti e, conseguentemente, si ridurrà, in termini di valori assoluti e proporzionalmente, l’energia elettrica assorbita dagli stessi. E’ invece probabile che, in termini relativi, possa esserci un minimo aggravio di spesa, se si considera che il costo di tale energia elettrica viene ripartito fra un numero di condomini ridotto di una unità: tale eventuale aggravio potrebbe essere parificato ed escluso se anche detta spesa venisse ripartita fra tutti, pure a carico del condomino distaccato. Tale situazione, tuttavia, come si dirà di seguito, è ormai da considerarsi superata da altre norme intervenute successivamente.
In merito alla spesa per la quota di energia dispersa, definita spesa per “consumi involontari” dalla Norma UNI 10200/2015, c’è poco da dire: la spesa connessa alle dispersioni ed ai bassi rendimenti dell’impianto rimangono sempre senza diminuire a prescindere dal distacco perché connesse al suo funzionamento e, conseguentemente, se divisa fra i soli condomini che rimangono connessi costituiscono, certamente, un aggravio di spesa, se non altro perché si ripartirebbe un importo equivalente, con o senza distacco, fra un numero minore di condomini, quelli ancora connessi. Anche in questo caso il problema sarebbe superabile se il condomino che si distacca dall’impianto continuasse a contribuire alla ripartizione di detta spesa annullando, così, l’aggravio di spesa, a prescindere dalla sua quantificazione. Ma, anche per tale aspetto, la situazione è ormai da considerarsi superata da altre norme di cui si dirà successivamente.
La spesa di conduzione dell’impianto (terzo responsabile) rimane la stessa a prescindere dal numero dei condimini che utilizzano l’impianto e, quindi, se il relativo importo venisse suddivido fra i soli condomini che restano connessi all’impianto ci sarà, certamente, un aggravio di spesa, nel senso che la quota già pagata dal distaccato viene ora ripartita fra i condomini che rimangono connessi. Anche in questo caso il problema sarebbe superabile se il condomino che si distacca continuasse a contribuire alla ripartizione di detta spesa annullando, così, l’aggravio di spesa, a prescindere dalla sua quantificazione. Ma, anche per tale aspetto, la situazione è ormai da considerare superata da altre norme di cui si dirà successivamente.
La spesa connessa al reale calore ceduto dai radiatori agli ambienti serviti, definita spesa per “consumi volontari” dalla Norma UNI 10200/2015, è specifica di ogni condomino e, quindi, non è da considerare ai fini che qui interessano.
Riassumendo, gli aggravi di spesa potrebbero esserci e certamente ci saranno, a prescindere dal loro importo, per l’energia elettrica, per le dispersioni di energia termica (consumi involontari), per la conduzione dell’impianto (terzo responsabile).
Consegue che il condomino che intende distaccarsi potrà dimostrare che non ci sono certamente aggravi di spesa se si accolla anche le quote di spese connesse alle tre componenti in precedenza esaminate nella stessa misura proporzionale corrisposta quando non era distaccato. In caso contrario, essendoci certamente un aggravio di spesa, ancorché di un solo euro, non potrebbe esercitare il diritto al distacco (si fa notare che per l’aggravio di spesa la norma non usa l’aggettivo “notevole” come fatto per gli squilibri di funzionamento per cui, in teoria, basta anche un aggravio di un solo euro, come detto, a precludere il distacco).
Però, come già anticipato, le norme sugli impianti di riscaldamento sono nel frattempo cambiate. Con il d.l.vo 102/2014 non solo è stata disposta l’obbligatoria installazione delle valvole termostatiche e di ripartitori su tutti i radiatori ma è stato altresì imposto l’obbligo di applicare la Norma UNI 10200/2013 e successive modificazioni (modificata nel 2015 e poi ancora nel 2018).
La Norma UNI 10200/2013, vigente all’epoca di entrata in vigore del d.l.vo 102/2014, in sintesi, prevede la suddivisione dei consumi termici degli impianti di riscaldamento tra “consumi volontari”, misurati dai ripartitori installati sui radiatori e “consumi involontari”, connessi alle dispersioni nella centrale termica, nelle tubazioni e ai rendimenti dell’impianto. Inoltre, prevede che per ogni condominio sia rielaborata una nuova tabella millesimale per riscaldamento basata sulle dispersioni termiche specifiche di ciascuna unità immobiliare ubicata nel condominio, sia essa connessa o distaccata dall’impianto. Infine, prevede che le spese connesse ai “consumi involontari” di calore, nonché per consumi elettrici e di conduzione dell’impianto siano ripartite sulla base dei millesimi contenuti nella nuova tabella millesimale mentre le spese connesse ai soli “consumi volontari” siano attribuite ai singoli condomini, connessi all’impianto, ai quali i consumi si riferiscono.
La motivazione per cui, secondo la Norma UNI 10200/2013, le spese per “consumi involontari” debbano ripartirsi tra tutti i condomini, connessi e distaccati, secondo millesimi calcolati in base alle dispersioni termiche dei rispettivi appartamenti, è rinvenibile in un principio di fisica – termodinamica – per cui il calore fluisce sempre dai corpi più caldi ai corpi più freddi e, quindi, anche dagli appartamenti connessi all’impianto, (più caldi) a quelli distaccati (più freddi) con questi ultimi che, indirettamente, fruiscono del calore prodotto dalla centrale termica.
Infatti, il calore si diffonde nelle pareti attraverso le colonne montanti tenendo più caldi tutti gli appartamenti, ma si diffonde anche attraverso le dispersioni che si verificano tra un appartamento e quello vicino se uno dei due è più freddo perché distaccato dall’impianto: una parte del calore dell’appartamento più caldo (condomino connesso all’impianto) passa nell’appartamento più freddo (condomino distaccato dall’impianto) con la conseguenza che il primo consumerà e pagherà di più per il calore passato all’altro appartamento, il secondo si ritroverebbe gratis una parte di calore migrato dagli appartamenti confinanti. Ecco perché la Norma UNI 10200/2013 ha previsto una diversa ripartizione delle spese di riscaldamento attribuendo a tutti i condomini le spese per i consumi involontari perché tutti, in ogni caso, usufruiscono direttamente o indirettamente dell’impianto.
Perciò, dalla stagione di esercizio dell’impianto di riscaldamento successiva alla installazione delle valvole termostatiche e dei ripartitori di calore e, comunque, dal 2017 in poi – termine ultimo per l’installazione – è vigente una nuova norma di diritto pubblico, il d.l.vo 102/2014 come modificato dal d.l.vo 141/2016, tale in quanto inserita nell’ambito delle disposizioni che mirano alla riduzione dei consumi energetici ed alla tutela ambientale, che ha previsto e disposto un diverso e nuovo
criterio di ripartizione delle spese di riscaldamento, norma che si aggiunge, integra ed in parte sostituisce, quelle precedenti contenute negli artt. 1104 e 1118 sopra richiamati.
In altri termini, trattasi di nuova norma di diritto pubblico che si affianca alle norme del codice civile (diritto privato) dettando una nuova e parzialmente diversa modalità di ripartizione delle spese degli impianti di riscaldamento condominiali e, come tale, a partire dalla sua entrata in vigore, si aggiunge alle prime e le sostituisce nelle parti non conformi, sia perché norma successiva – temporalmente- ma ancora di più perché gerarchicamente sovraordinata (diritto pubblico/diritto privato).
Se ora torniamo alle spese di godimento del servizio di riscaldamento già individuate in:
spesa per l’energia elettrica necessaria per la produzione e distribuzione del calore;
spesa per la quota di energia termica dispersa (spesa per le dispersioni termiche d’impianto);
spesa di conduzione dell’impianto (terzo responsabile);
spesa connessa al reale calore ceduto dai radiatori agli ambienti serviti
e le confrontiamo con le spese che la Norma UNI 10200/2013, oggi applicabile perché sovraordinata alle altre norme, pone a carico di tutti i condomini, si rileva che tutte le voci dalle quali avrebbe potuto discendere un aggravio di spesa sono ora già poste direttamente a carico di tutti i condomini, distaccati e non distaccati e, quindi, con l’entrata i vigore di detta norma, non c’é più una spesa che possa aggravarsi per effetto del distacco di un condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato: tutte quelle che avrebbero comportato un aggravio sono pure e già a carico, pro quota, dei condomini distaccati.
Riassumendo e confrontando:
Spese a carico di tutti i condomini (ancora connessi ed autorizzati al distacco e distaccati) - spese necessarie per la conservazione delle cose comuni (impianto termico)
- spese necessarie per il godimento delle cose comuni (servizio di riscaldamento)
- spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto termico;
- spese per la messa a norma dell’impianto termico;
- spese per il consumo involontario di calore
Spese a carico dei soli condomini ancora connessi all’impianto di riscaldamento centralizzato - spese necessarie per la conservazione delle cose comuni (impianto termico)
- spese necessarie per il godimento delle cose comuni (servizio di riscaldamento)
- spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto termico;
- spese per la messa a norma dell’impianto termico;
- spese per il consumo involontario di calore
- spese per il consumo volontario di calore
si rileva che i condomini non distaccati “pagano” in più, giustamente, solo le spese per i consumi
volontari ad essi imputabili.
In conclusione, con le vigenti norme e con il connesso adeguamento degli impianti:
non c’è più, né dovrebbe esserci, un “notevole” squilibrio di funzionamento dell’impianto in caso di distacco di un condomino dall’impianto;
non c’è più un aggravio di spesa in quanto il condomino distaccato continua a pagare, per espressa previsione normativa, tutte quelle spese che non siano di effettivo consumo diretto e volontario di calore.
Il distacco è, in linea di massima, sempre consentito, salvo casi particolari da considerare specificamente.
Per quanto attiene alla procedura per il distacco, pur non essendo necessaria una pronuncia favorevole dell’assemblea c’è da osservare che è pur sempre necessario rispettare le norme previste dal codice civile che prescrivono una preventiva comunicazione all’amministratore con l’asseverazione che non ci sono notevoli squilibri di funzionamento ed aggravi di spesa (relazione da redigere a prescindere da quanto in precedenza evidenziato in quanto la relazione è prevista dalla legge che è ancora in vigore) da trasmettere con allegata, a partire dal 2016, una diagnosi energetica da redigere secondo quanto previsto dal d.l.vo 141/2016.
Appare perciò illegittimo il distacco senza seguire la prevista procedura ed altrettanto illegittima l’eventuale opposizione dell’assemblea condominiale in presenza delle condizioni previste ovvero una assevereazione che attesta l’assenza di notevoli squilibri di funzionamento ed assenza di aggravi di spesa (basta trascrivere le considerazioni sopra riportate) e una diagnosi energetica del sistema edificio-impianto redatta secondo quanto previsto dal citato d.l.vo 141/2016.
Ovviamente, il distaccato dovrà sempre contribuire a tutte le spese dell’impianto ad eccezione dalla ripartizione delle spese volontarie.
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